La relazione di don Agostino nell’ultimo appuntamento del caffè filosofico sul tema del “pensare africano” è stata interessante e stimolante: per questo un grazie al relatore che è stato chiaro ed appassionato come sa sempre essere.
Il dibattito, poi, ha mostrato due atteggiamenti diversi se non addirittura contrapposti: adesione alla proposta del relatore (la filosofia dell’Occidente è solo – o troppo- ragione), e qualche tentativo di svincolarsi da un atteggiamento forse troppo scontato, per avanzare dubbi sul valore del sentimento, delle emozioni e del “naturalismo” per una società, a partire da quella africana, che avrebbe forse bisogno di più ordine e di progresso.
Personalmente sto dalla parte dei critici, almeno per due motivi.
Anzitutto perché “la ragione” della filosofia dell’occidente è tutt’altro che astratta e metafisica, e quindi – si dice- lontana dalla vita. Al contrario tutta la filosofia occidentale è uno sforzo teoretico volto alla prassi; la stessa metafisica è – a partire da Platone ed Aristotele – solo il percorso ritenuto indispensabile per capire e spiegare il mondo “delle cose”altrimenti impossibile ed impenetrabile rispetto alla volontà dell’uomo di dominarlo e piegarlo al proprio interesse. Questa è la base da cui si sviluppa la conoscenza scientifica come teoria della tecnica che è il modo occidentale appunto di dominare il mondo ( e quegli uomini che dalla tecnica sono o si tengono lontani). E se c’è un posto per la metafisica, figurarsi per quegli aspetti che caratterizzano più da vicino “la fatica di vivere” come le emozioni, le ideologie, i sentimenti, per tanti aspetti la stessa religiosità: strumenti per un fine, quello di farsi il più possibile, padroni del mondo.
Il secondo motivo è dato dalla debolezza teoretica che caratterizza le ragioni di vita non occidentali, debolezza che le rende sostanzialmente inermi rispetto alla aggressività della tecnologia e quindi del progresso sociale ed economico che invece ha caratterizzato e caratterizza l’occidente.
E l’aggressività del “ricco” appare molto allettante al “povero”.
C’è però una terza considerazione da fare: una critica alla cultura occidentale che sia basata su una più rigorosa teoreticità, mette in crisi la ragione “metafisico-scientifica” per far intravedere un mondo non aggressivo, più pacato e più sereno, che, se si vuole, assomiglia un po’ a quello del “danzare la vita”.
C’è però, allora, una differenza fondamentale: non si tratta di “tornare” alla naturalità, al primitivo; al contrario si tratta di andare oltre la filosofia dell’occidente per raggiungere una razionalità teoreticamente più radicale (massimamente radicale) e più limpida.
Data: 24.06.2013