IL "BANDITO" MACHIAVELLI - RELATORI: ANNA MARIA CABRINI, BARBARA ROCCA, SILVANO ALLASIA

14.10.2013 21:00

Anna Maria Cabrini, Barbara Rocca e Silvano Allasia parleranno del Principe, cercando di proporre spunti di riflessione sul testo; un’occasione che permette anche al Caffè filosofico di Crema di celebrare i 500 anni trascorsi dalla genesi dell’opera. 

 

Il 19 febbraio 1513, con un bando il cui testo solo di recente è stato ritrovato, alla popolazione di Firenze viene ingiunto di consegnare Niccolò Machiavelli, il cui nome è fra i potenziali simpatizzanti di una congiura per rovesciare il regime dei Medici. Dopo il carcere e la tortura, l’ex segretario della repubblica fiorentina viene liberato in occasione dell’elezione a papa di Giovanni de’ Medici. Bandito dalla vita politica che per 14 anni ha assorbito ogni sua cura, Niccolò si ritira nella località dell’Albergaccio. Trascorre le sue giornate “in villa” cacciando, occupandosi del taglio di un bosco e della vendita del legname, giocando all’osteria e chiacchierando sulla strada con i viaggiatori in transito. La sera, nel suo studio, si confronta con i grandi testi dell’antichità classica.

Il 10 dicembre 1513 scrive a Francesco Vettori di avere «composto uno opuscolo», nel quale si occupa di «che cosa è principato, di quali spetie sono, come e’ si acquistino, come e’ si mantengono, perché e’ si perdono». È l’annuncio del Principe, un’opera scritta in volgare, condotta con spirito analitico e ricca di termini e metafore tratte anche dalle più comuni pratiche e attività umane (l’edilizia, la medicina). La sua eco nel mondo sarà immensa, sollevando entusiasmi (pochi) e condanne (tante). Per fare solo un esempio, il cardinale inglese Reginald Pole, suo contemporaneo, definirà Machiavelli «figlio di Satana, versato in ogni nefandezza», scrittore di «cose che trasudano il fetore delle più diaboliche meschinità». A destare tanto scandalo sono le tesi che Niccolò svolge intorno ad alcuni temi fondamentali della filosofia e della pratica politica: quale sia la natura umana, virtù e vizi del sovrano, peso e ruolo della libertà.

Dibattito

Data: 19.10.2013

Autore: Adriano Tango

Oggetto: Addio Uomo del Monte!

Bella serata al caffè filosofico il 14. 10. Anna Maria Cabrini, Barbara Rocca e Silvano Allasia i tre relatori, tre professionisti del pensiero che ci hanno posto Machiavelli su un piano di accessibilità umana, prima che dottrinaria, quasi ci fosse lecito chiamarlo Niccolò. Niccolò povero, Niccolò perseguitato, bandito, sballottato dai macroeventi. Anche insospettabile uomo da taverna (non per la crapula, intendiamoci), ma sempre integerrimo funzionario, e padre prodigo. Nel volgere della serata non ho voluto aggiungere nulla alla discussione, perché non c'era bisogno che qualcuno le desse vita, si è 'accesa' da sola. Poi la domanda finale di Piero Carelli, che non posso citare testualmente, perché non prendo appunti come il bravo Luca Lunardi. Il senso è stato comunque chiaro: nello scenario attuale, il riferimento al modello machiavelliano può essere rivestito sui panni di qualcuno dei nostri uomini politici? Le risposte dei relatori sono rimaste, a mio avviso, un po' nel vago, eppure i fantasmi già si aggiravano fra le sedie del Gallery (non di defunti, intendiamoci).
Un signore in abito blu, che scende dalla sua berlina, di pari colore, e sfodera il suo sorriso inossidabile (o porcellanato-infrangibile?), un giovanotto in bicicletta, doppio petto altrettanto blu, ma sbarazzino, pedala senza le mani sul manubrio, il busto eretto. Tutti sono apparsi un po' disorientati o forse distratti dal pensiero dell'agenda dell'indomani, vista l'ora. Mi è parso che le precisazioni della professoressa Rocca, sulla mancanza di distinzioni del grande politologo sul punto di transizione fra il ruolo del principe e quello del tiranno abbiano lasciato l'uditorio in allarme. Ma vuoi vedere che anche questa volta… Ma no! Dopo tanti secoli?
La serata si conclude, nei duetti e capannelli che seguono i due Avatar si ricollegano ai loro nomi e cognomi terreni, e si fa opinione, fantapolitica dopo la filosofia. Il momento storico non è forse molto simile a quello del Machiavelli? E se ci fosse bisogno proprio di un nuovo Cesare Borgia? Oppure: se qualcuno non li ferma uno di quei due… Sì, potrebbe succedere, e sarebbe una svolta tinta di inutile dolore. Inutile perché non c'è più spazio per i ricorsi storici, il nostro scenario mondiale è tutto nuovo, e privo di analogie.
Mi spiego: il Principe del Machiavelli è un condottiero militare, o comunque un decisionista che si costruisce un ampio potere con l'obiettivo ben fisso di creare qualcosa di nuovo, più unito, più grande. Si muoveva in altre parole in un sistema in espansione. Il nostro mondo è privo di frontiere, ormai chiuso in se stesso, salvo che qualcuno non pensi ancora che la nuova frontiera è la conquista economico-commerciale del terzo mondo, che sarebbe l'ultima delle scelleratezze. Se l'animo umano, apparentemente mitigato a forza di buon costume, è rimasto grosso modo lo stesso, e quindi ne sarebbero utilizzabili le dinamiche, la variabilità delle ripercussioni, nell'attuale sistema, è troppo imprevedibile per qualsivoglia mente eccelsa. Non basta più la capacità di agire secondo salde direttive e senza remore. Un decisionista, salvo non sia pronto a sottomettersi a un tavolo tecnico, (ma ce lo vedete?), adesso non sarebbe altro che una scheggia impazzita. Perché una scheggia? Per l'altra caratteristica di questo sistema chiuso: i tempi di reazione brucianti a ogni variazione di stato. Quello che alcuni decenni or sono avveniva in alcuni giorni ora impiega minuti! lo potremmo definire quindi, e cito liberamente il nostro Presidente in uno dei dialoghi a sipario abbassato, un sistema chiuso a altissima energia cinetica. Una bomba insomma. Si rassegnino i nostalgici del decisionismo, non c'è altra via che la cooperazione, e lo strumento dell'intelligenza e preparazione, che non vuol dire solo aver studiato molto, perché tutti i principi dell'economia classica sono saltati, ma preparazione a fiutare il vento nuovo e, esprimendo solo adesso un pensiero personale, chiedere scusa ai nostri figli e pensare con saggezza alla graduazione delle inevitabili rinunce che ci attendono.
Addio Uomo Del Monte, almeno fino all'era conquista degli spazi siderali! Per ora lasciaci lavorare a riparare ai guai che abbiamo combinato, a frenare gli ubriachi che continuano a proclamare a squarciagola che era giusto così e che la rotta non è cambiata, a convincerne con pazienza il vicino di casa, il pendolare del posto accanto, un familiare… Tutti giù dalla carrozza per il paese di Bengodi, restano poche fermate!

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