Quaderno Nº 14. "Socrate nel Medioevo. Le disavventure di un ateniese tra i dotti cristiani", di Gabriele Ornaghi (2015)

Quaderno Nº 14. "Socrate nel Medioevo. Le disavventure di un ateniese tra i dotti cristiani", di Gabriele Ornaghi (2015)
(Dalla presentazione del Presidente Luca Lunardi)
 
Negli anni passati, il Caffè Filosofico di Crema ha portato Socrate in luoghi improbabili – al ristorante, a scuola – alimentando la sua proverbiale curiosità del mondo e degli uomini. Questa volta, gli fa addirittura abbattere la barriera del tempo. Il sorprendente anacronismo di un “Socrate nel Medioevo” è stimolante per almeno due ordini di motivi, che pur non rappresentando una novità restano di un certo rilievo nel dibattito filosofico: la perdurante necessità di una “riabilitazione” di ciò che “Medioevo” evoca nell’immaginario collettivo; lo stesso significato che la parola “Filosofia” porta con sé nel corso di dieci secoli che i «civili Illuministi» - parole dell’Autore - hanno qualificato come “bui” o “oscuri”.
Facendo tesoro dello stile apparentemente “leggero” di molti Quaderni del Caffè - che però mai tralascia il rigore del pensiero – Gabriele Ornaghi contribuisce a rendere giustizia a quella vituperata “età di mezzo” inscenando curiosi incontri che lasciano intatta la forza del dialogo socratico, messa alla prova dalla parziale incommensurabilità delle categorie e dei concetti-chiave della grecità e del mondo latino posteriore. È al contempo illuminante e divertente assistere a un Socrate perplesso dinanzi a un Dio che è uno ma che è anche tre persone; che combatte con Anselmo e Tommaso sul terreno stesso della logica, facendo scurire in volto il primo e respirare profondamente il secondo; che si scandalizza dei nuovi maestri che ancora si fanno pagare per “preservare la cultura”; che si stupisce della «forza ed influenza che una donna potesse avere in questo mondo tanto diverso», mentre Ildegarda di Bingen gli tiene testa nella discussione. Eppure, anche quando si mostra evidente lo iato fra i due mondi che si incontrano in questo paradosso temporale, mai si direbbe che l’interlocutore medievale non stia filosofando, nel senso più alto e nobile. Esercita la ragione facendo uso, come è inevitabile, dei propri paradigmi e dei propri oggetti d’indagine privilegiati: proprio come fa Socrate. Ed è stupendo come, nonostante quelle divaricazioni, il confronto razionale resti possibile.
«Anche nel Medioevo splendeva il sole»: non solo perché la maggior parte di quei filosofi credeva in Dio come credeva che il sole si sarebbe levato la mattina seguente, ma anche perché certe soluzioni di continuità tra antichità, medioevo ed età moderna non sono altro che miti duri a morire. Agostino senza Platone è inconcepibile, ma anche Cartesio o Leibniz senza gli scolastici. Anche per questi ultimi - come per il nostro Socrate nella macchina del tempo - una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta.